Assunta

La città in festa dona un ricordo, e solo quello. Come un’onda malinconica che travolge l’anima, magari durante l’affannosa ricerca dell’ultimo inutile regalo. È una stella cometa: attraversa il pensiero e conduce a quella persona o a quel luogo. Questo è il vero fascino degli ultimi giorni di dicembre. Oggi, la mente regala il volto di Assunta. Tutti nel vicolo conoscevano e rispettavano l’anziana vedova Schiano. «Donna di temperamento e di grande bellezza», ricordava Peppino il macellaio. Tutti i ragazzi del quartiere erano stati innamorati di quella giovane con gli occhi verdi e rossa di capelli. «Insomma, una vera bontà». Ma Assuntina aveva avuto occhi solo per Carmine, il figlio del maresciallo. «Così era scritto», raccontava ai nipoti. «Vostro nonno e io ci siamo sposati a Santa Chiara. Per dieci anni ci siamo voluti bene, poi mi ha lasciato. Sia fatta la volontà di Dio». Carmine Schiano, buon marito e buon padre, perse la vita la mattina del 28 marzo del 1943, quando Napoli, già sventrata dai bombardamenti, subì l’esplosione della nave Caterina Costa.
Per Natale, Assunta conosceva solo regali utili: vestiti, libri, abbonamenti all’autobus. I nipoti invocavano videogiochi, ma l’anziana donna, fedele al tragico ricordo dei tempi bui, replicava: «A quelle cose ci pensano i vostri genitori». Sul menù delle feste non lesinava: spaghetti con le vongole, capitoni, baccalà, minestra maritata, insalata di rinforzo, salsicce con le lenticchie, «che  portano danari», roccocò e mostacciuoli, susamielli, pasta di mandorle, struffoli e un fiume di ciociole. Alla mezzanotte del ventiquattro, si rintanava per qualche minuto in camera da letto, davanti alla foto del marito. Le labbra si aprivano ad un dolce sorriso, di quelli che appartengono ai bambini e agli anziani. Un lento segno della croce dava inizio al tenero rituale dell’Eterno riposo, «dona a loro, o Signore, e splenda ad essi la luce perpetua». Il finale era affidato ad un triplice bacio sull’immagine dello sposo. E sempre, dinanzi a quel giovanotto in divisa, una lacrima solcava la ruga della guancia, fino all’angolo della bocca. Come tutte le belle mattine, nessuna stagione esclusa, Assunta sistemava la sedia di paglia fuori dal basso, a destra dell’uscio. Lì, aveva appuntamento con il sole, con un raggio mandato espressamente per lei – come diceva – da nostro Signore Iddio. E fu proprio una mattina di dicembre, che la donna, seduta al suo posto, chiuse gli occhi e si vide, giovane e bella, in compagnia del marito. Allora capì. Dalla tasca del grembiule tirò fuori il rosario. Ringraziò Dio per tutto ciò che le aveva donato: un rispettoso marito, due bei figli, una piccola casa, una vecchiaia serena, un quotidiano raggio di sole. Sorrise al cielo e si spense.

17 pensieri riguardo “Assunta”

  1. Leggerti anche fuori l’atmosfera natalizia, è solo grande poesia caro Giovanni. Le tue perle impreziosiscono il cuore di chi ti legge. Felice di essere passata e averti ritrovato qui. Un forte abbraccio caro amico e quel sorriso che tu conosci ormai da tempo. Isabella

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  2. Quanta tenerezza Giovanni! Grazie, un abbraccio e un mondo di auguri per tutto ciò che desideri e meriti. Francesca

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